L’ALCHIMISTA CHE TRASMUTA IL DOLORE IN MAGIA
14 Maggio 2025 | Visioni poetiche e cerimoniali
Quella mattina non ero sola, almeno non nel senso comunemente inteso.
Ero sola, ma non ero sola. E lo posso dire con certezza perché bevvi un infuso di melograno e tiglio - ed entrambi dicono: “dai su, non aver timore e scendi, fai incontrare gli opposti”. E così feci. Seduta, un pò sbieca da tessuto stropicciato sulla sedia, mezza aperta rispetto al tavolo, tutto storto proclive malinconico, e lui che mi camminava nei corridoi della mente per dirmi forse qualcosa. Ogni tanto silenzio, tornavo tranquilla e sola. Ogni tanto tornava lui e i passi roteavano da un emisfero all’altro facendomi perdere il filo di ciò che stavo leggendo, smantellando e smarmellando le parole di quel libro sul tavolo tutto storto proclive melanconico.
Altro silenzio, e riprendo il filo - Arianna doveva essere una donna molto paziente - pensai.
Non lo sai che ogni uccello che solca le vie dell’aria è un immenso mondo di delizia – racchiuso nei tuoi cinque sensi?
Ecco, ci sono domande che hanno bisogno di attenzione; così tra il silenzio, il libro e l’infuso decisi di alzarmi. Lasciai tutto mezzo aperto storto proclive e malinconico e lui nel mezzo di quell’aperto mondo.
Tentai di fuggire e tornare sola, ma la visione mi prese. Passando la soglia della porta che dava al corridoio, tutto attorno a me si fece desertico, lasciandomi molta più aria di quella che avevo di solito ma molti meno appigli casalinghi e un senso di infinito che non mi appartiene. Perché a me piacciono le cose vive, ma anche ripiegate.
Mi si sbrogliarono i pensieri residui che divennero archi sotto cui passare. Una navata pressoché infinita di varchi, vagli del mistero, passaggi necessari, sfide obbligate, amori perduti, tradimenti ritrovati, anime e fiamme. Ogni possibilità è lì, sotto ogni arco. Ogni potenziale è lì, sotto ogni varco. Tutti uguali e in fila eppure tutti divisi e diversi. Di versi. Di versi.
A forza di girarmi ad ogni passo della visione mi venne il torcicollo. Un attimo dopo lo ringraziai perché quel lieve dolore fisico mi fece tornare alla realtà, tra le mie mura e gli infusi. Tirai un sospiro di sollievo poiché tutto sembrava passato.
Quel giorno continuava a tornarmi l’immagine degli archi infiniti, così non bevvi più alcun sorso ma la situazione non cambiò. E quando le cose non cambiano ma tornano vuol dire che qualcosa da capire manca.
Vivere nelle infinite possibilità è essere disposti a non-essere?
Ma io non voglio far morire ciò che non è ancora morto e che ha valore, ciò che può tutto e deve essere, anche se non sarà.
Non voglio lasciare le mie arti a coloro che verranno per la paura di non essere.
Io voglio dare.
Dare senza sapere quando e se riceverò mai.
Voglio fare del mio cielo la terra e fare della mia terra il cielo; senza perdere né le ali né la veglia.
Voglio essere colei che trasmuta il dolore della sofferenza in magia e pratica.
Voglio fare ogni passo verso le ferite, il tradimento e le passioni.
Voglio amare perdonare e ringraziare.
Voglio essere potere e piacere, libera e sacra.
Voglio essere pura dissoluta e buffa.
Voglio essere camaleonte.
Quello stesso giorno, tornai nella visione ed Emily mi disse:
Che la sincerità è un dovere per gli iniziati.
Che l'amore non è morto, anche se segregato da quattro mura.
Che la libertà è una limpida palla da disegnare al buio che mostra la volta delle stelle nonostante la totale mancanza di un cielo.
Che il nero non è una questione di dolore, ma il perché delle cose che si mangia per i bordi - come i libri che sono così speciali nella costa.
Che siamo noi il centro della chimica e dell'alchimia, nel ricreare un albero con la sola voglia e veglia.
Così, alla fine… Emily mi disse che sono i corpi a guarire le anime, non il contrario.
E nessun arco mi tornò più di fronte, ma dentro, solo dentro, perché tutto dentro era oramai disposto e concesso.