TRE ALBERI FANNO UN CENTRO
3 Agosto 2025 / Storia di un cammino
A volte alcune porte rimangono chiuse, e del motivo non ci è sempre dato sapere.
Capita che siano chiuse per temerari segni del destino, perché non è lì che dovevi andare, o perché non è ancora arrivato il momento. Porte chiuse perché è troppo tardi, mi dispiace sarà per la prossima volta, e romperti il naso è la cosa meno dolorosa. Così te lo fai andare bene e basta. Capita di trovare porte chiuse quando fuori tuona e la grandine fa presto ad arrivare; o con il sole che non fa altro che squagliarti. Capitano chiuse anche nel bar più becero del paese di passaggio, mentre ti chiedi perché dovrei pisciare in questo lerciume.
Porte chiuse a chiave o senza mandate; chiuse per lavori, per ferie, per lutto. Chiuse per indisposizione o rabbia. Per amore, fallimento, sesso, depressione o per altra occupazione.
Capitano porte chiuse perché il vecchio dice che un portone si aprirà - spesso proprio oltre quella porta alla quale non hai accesso.
E il destino nel frattempo ride.
La porta che avevo avanti a me rimase chiusa perché scelsi di non suonare.
Un’eremita che non ha il coraggio di disturbare un luogo di culto: la paura più scontata di questo secolo.
Così come per ripicca a me stessa, guardai altrove e salii sul muretto a strapiombo, dando le spalle al terrore di essere una seccatura per un eremo in pietra del 1300.
In cima al dirupo le sfumature di verde sembrano buttarmi giù per toccarle tutte, sfiorarle una ad una delicatamente, come fosse muschio; mentre le poche case che vedo da lassù sono miniature in pietra, come l’eremo. Mi domando come abbia fatto l’uomo a vivere per secoli tra i boschi e il freddo dei lupi. Forse sfidando altre tribù a chi avesse meno vertigini - a chi ce l’ha più lungo prende tutto, anche gli alberi. O forse fuggendo di tanto in tanto. Forse tenendo tutte le porte chiuse.
Mi domando come ha fatto l’uomo a scordarsi dei colori.
E dei valori.
Scesi dal muretto e tornai leggera verso casa. La salita era fatta quindi ora tutto sarebbe stato in discesa.
Ma c’è una cosa che quel vecchio dei portoni non dice mai, nemmeno quando lo si ignora per anni: anche i sentieri hanno le porte - o più che porte, portali.
Non te ne sei mai accorto?! Non hai mai notato che ogni bosco ha il suo arco di tronchi e foglie sotto cui passare, o grossi sassi come colonne, o pietroni a triangolo come fossero case?!
Sono passaggi che possono davvero mostrarti o no qualcosa; sono soglie che non possono romperti il naso; valichi che completano ciò che già era di tua conoscenza. Senza ferie o tasse.
Pensando che tutto fosse finito (e nemmeno iniziato) feci pipì lungo il sentiero, di certo molto meno lurido di quel bar di passaggio; alzando la zip alzai per sbaglio anche la testa e di fronte a me irruppe una quercia per metà nella pietra. Una di quelle cose che l’uomo non saprebbe fare e forse nemmeno ideare. Io no, almeno. Per questo esiste Dio.
Ecco la mia soglia - pensai - così forte e testarda da crescere comunque tutta compressa ma imponente; che all’andata percepii appena (stupida presenza che va e viene, senza avvertire).
Mi misi a meditare sotto di lei, poco distante, e nulla apparse per ore. Se non sul calare del sole.
Se a proteggermi dietro di me avevo la quercia di pietra, davanti poco più in basso una seconda avvinghiata da un rampicante. E ancora alla mia destra, decisamente più in alto, una terza che si muoveva salda tra il vento.
Sebbene nulla fosse apparso, mi resi conto in un attimo di essere nel centro di tre alberi che parlavano la stessa lingua, ma le cui guerre erano alquanto differenti:
una pietra fredda ma tagliente, piena e solida;
un rampicante verde, morbido e serpentino, manipolatorio e sensuale;
un vento da monte eugubino, non sempre rapido, ma mai poco tagliente.
Quei tre alberi con le loro danze mi hanno lasciato qualcosa, ma non mi hanno detto tutto.
Ho ancora delle domande per loro. Ho ancora tante domande…
Domande.
Ti ricordi delle domande? Dove sono finite nel nostro mondo le domande?
Quelle che non hanno risposta, quelle dove ti chiedi chi sei / perché sono qui / qual’è la mia strada / Dio esiste o è nata prima la gallina?
Davvero non esistono più le domande? Dove le ho lasciate? Dove sono andate? Tutto questo camminare mi ha fatto dimenticare.
Tre alberi fanno un centro, e quando il tre scopre il suo centro può solo che andare oltre.
Gli lasciai dell’acqua per ringraziare, sapendo nel petto che oltre quella porta il fuoco apparirà.
Seguendo quel destino continuai a camminare, senza perdere il centro.
Continuai a domandare, senza dimenticare.