CURA, I° VORTICE
2023
Cura è l'argilla bianca di una voglia, quella di essere accorti nella creazione.
Cura è l’accompagnamento in libertà, nel disporsi alla scelta di possibilità autentiche.
Cura è anteporre il cibo agli uccelli sapendo che ad un certo momento arriveranno.
È l’anticipazione della coltivazione.
È quella cosa che si fa senza pensiero anche se non è solo istinto, ma anche scelta e guerra.
È ciò che ci fa mangiare e amare anche chi è lontano.
Chi cura non ha la pretesa di guarire. Ha la pretesa di stare senza baffi lì dove tutti sanno.
Fiori lampi impavidi
VENTO VOLA COSPARGI UNGUENTI
CURA, I° Vortice
•
a performance by Ortensia Sayre Macioci
April 2023
•
conception by Ortensia Sayre Macioci
stage costumes Ortensia Sayre Macioci
camera and editing Lorenzo Merico
scenographic installation Marco Curatolo
location Spazio Rama, Roma (RM)
POWERED BY SAYRE
CURA, I° Vortice è il nucleo, il flusso performativo iniziale del progetto VORTICE, primo di cinque atti performativi che indagano - e indagheranno - la nascita della carne nella carne, in un’accelerazione esponenziale che porterà ad una presenza sempre maggiore di attrito e viscosità: dalla materia all’umano apollineo, dall’oltreuomo dionisiaco di Nietzsche ad un futuro giorno del giudizio universale, dove il vissuto si deposita e lascia spazio ad un nuovo ciclo. L’uomo, dapprima divino e in seguito distaccandosi, è sceso nella materia, ne ha fatto esperienza nella sua dualità ed è ora chiamato a far danzare in equilibrio sia Apollo (la logica) che Dioniso (l’irrazionalità).
Cura è la nascita della creazione, la volontà, i primi pensieri e idee. È il principio in un mondo zero dove non esiste né parola né cultura, dove ciò con cui c'è relazione è l’infinitamente piccolo, in una dimensione di non-conoscenza del creato, dove il rapporto con elementi scenici è ancora da scoprire. È associata alla frequenza del colore verde in quanto colore che apre alla Vita, che porta all’equilibrio e alla crescita.
Margaret Mead, antropologa statunitense del secolo scorso, fu promotrice che il primo segno di civiltà umana in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito - a sua volta segno che un altro essere umano abbia aiutato la guarigione della ferita, attraverso cure adeguate. Nel regno animale ciò non avviene: se ti rompi una gamba, semplicemente muori; non ti è più possibile scappare dal pericolo, andare al fiume a bere o procacciare cibo. Cura è l’inizio della creazione, un accenno ad una prima civiltà ancestrale.
Ma la figura femminile non agisce ancora in maniera umanizzante, ancorata in parte ad un quasi grottesco, giocoso stato dell’essere animale. È permeata da lontano dall’archetipo di Nausicaa e dai suoi valori di ospitalità e accoglienza verso ciò che le è estraneo, come nell’Odissea in cui soccorre Ulisse dopo il naufragio, lavandolo, vestendolo e ammettendolo nel suo regno.
L’installazione scenica riprende a grandi linee le ambientazioni naturali di John Everett Millais, pittore vittoriano dell’800.
Nausicaa una volta mi disse:
«Fiori lampi impavidi
Lo sai che le giostre non sono per i neonati? Le hanno costruite gli anziani, per rimanere ancorati alle dimensioni di gioco per chi si vuole perdere.
Non ho mai domandato però a che scopo ricominciare la Vita. Mi sono dedicata a ciò che sibilava e mi chiedeva sotto di tornare ad essere Vita. Ciò che è malato, ammuffito, ciò che è sotto.
Le damigelle non possono curare. Nemmeno i preti. Le zingare sì, come le contadine e gli struzzi. Li hai mai visti volare? Io li tengo a casa, nell’attesa che un giorno possano farlo in libertà. Strano vero? Io, prigioniera? Lo siamo tutti, anche chi più è docile con il vento.
Concedimi di illustrarti come non impazzire, ma come cullare i pollini: è tutta una questione di tocco e avvicinamento. Puoi anche morderli e staccarli, ma se sei presente sul momento e giaci con loro, allora sarai mora. Se invece li vuoi mossi con te, allora sarai bionda.
Se invece vuoi essere rossa, mettici il tuo sangue perché così placherai la fame di chi c’è.
Non sono importanti le interruzioni, ci sono, esistono, spezzano. Sono vento quando si ferma e riprende. La paura va bene, così come la magia. Placa la lingua, tienila in mostra per far vedere che tutto il tuo corpo parla da sé. Non è per loro, è per te. Sii organo. Prendi ciò che c’è da prendere, fai ciò che c’è da fare e dimentica. Prova ad avere in casa i giochi di cui ti parlavo, prenderanno da te e sarai loro. È bella l’immagine di chi vive altre sembianze ma nessuno lo sa eh?! Consacra alla pulizia del più! Non c’è bisogno di nulla in più.
Gioca al ribasso a costo di fare qualcosa di piccolo come muschio solo per il muschio.
Sii devota e in devozione perché Cura è uno stato che esiste, un modo di toccare
e di baciare, anche se traumatico. La pulizia del più è per la maggioranza padrona.
Sostieni la bellezza del tutto amando il fradicio e il piccolo:
VENTO VOLA COSPARGI UNGUENTI»






SULLA MIA ESPERIENZA DI CURA
Per coloro che girano e rigirano
il boschetto è saldo, salvo
se lo si tiene con cura.
È un tondo che rimane tale
quando pietà genera l’atto pietoso di ignorare.
Se un dramma è scelto,
si può avere una storia.
Se un cimitero è posto,
si può avere una civiltà.
Ma se è Natura che predomina languida
l’animale prende e lascia
senza essere mai né preda né predatore
Puro presente senza assenza e senza presenza.
La crudeltà è dello scarto.
Si cura solo se si sta dentro,
le razze verdi questo sanno:
Fuori è l’estetica del reale.
Un’attorno,
tuono senza lampo.
Mentre
Lo stomaco è la frantumazione dei buoi.
Si cura solo se si sta dentro
nell’estatico irreale.
Il fondamento di ogni palazzo bianco
blatera, sospira,
è un ghigno che docile sta
e attende una virtù,
un manoscritto con cui può uscire.
Attende una carezza sulla fronte
un avvicinamento rimbalzante
che arriva gira e se ne va
e rigira e riarriva e se ne rivà.
Poi c’è un’avvicinamento che per averlo devi afferrarlo.
Ma la verità, in quale atto è?
La danza o l’atterraggio?
.
Quando i bambini giocano,
non importa se sono loro a muovere
ciò con cui parlano.
Loro chiedono.
E, di fatti, risposte vengono,
risposte avvengono
i bambini ascoltano le cose,
Cose che son dette perché già là;
E anche se son loro a muoverle le cose,
loro sanno queste cose,
Non basta a farli smettere
Ciò che a noi grandi fuori punge,
quando non chiediamo niente
è che le vertebre ferme non accolgono.
La forza è ingenua se serve alla creazione.
Le vertebre non accolgono
e i pali conficcati nelle schiene rimangono,
pugnali di creta.
Quindi strappa
strappa che anche questo è cura strappa,
immergi ciò che deve essere curato,
ma fallo sfiorire dentro;
perché la mancanza c’è, c’è sempre,
anche quando si mette tutto a posto, la mancanza c’è sempre.
A questo punto io mi dico che
quella mancanza è una possibilità
una di quelle orchidee da tenere in un posello, bianca
Se lo stomaco era la frantumazione dei buoni,
ora lo stomaco è la processione di ciò che è stato che non è più.
Ciò che ora non esiste.
.
Dopo una settimana,
mi trovai sui capelli dei ricordi verdi.
Io non so come ci finirono lì,
eppure il chiosco questo mi ha lasciato:
il ricordo di esser stata rapita da un albero,
l’ho voluto perché gli intrecci erano così un abbraccio di dono
che lui si è fatto a se stesso,
senza obbligare nessuno si è fatto a se stesso.
E lì davanti come si poteva non giocare,
perché quella cosa lì,
é un pò come un chiamarsi, un’essere profondo.
E IO VOLEVO CONTARE LE ESTASI
Nel velo di tulle che piano piano scendeva su di me,
le emozioni forti si affievolirono
a favore di cose piccole che non so se ho gestito
eppure ho richiesto,
ho aspettato che suonassero
e quello è stato.
Guardare un albero, ed esserne gli abbracci di rami
perché così Lui, in abbraccio con se stesso
si teneva dritto tutto solo,
ma nonostante questo
i suoi palchi erano idee, possibilità, finzioni, voglie.
Non va sottovalutato quando, ciò di cui disponiamo qui,
vuole crescere in alto, o dormire rannicchiato.
.
È solo quando
La Cura sceglie di tornare
Che gli incantesimi si spollinano
I terreni perdono la loro quadratura umana
e sconfinano in chiazze d’olio
naturali, a volte caotiche,
macchinose macchie infestanti
ma naturali, dove puoi vedere tutto
oltre altro
formiche madonne tigri,
puoi vedere tutto.
Non come nell’irrigazione sotterranea
che quella è e i gradi quelli sono
dritta squadrata
colorata a tavolozza.
Creazioni per essere vivi.
Puoi prendere ciò che vuoi,
se c’è una vita, una natura che non ha struttura
puoi essere ciò che vuoi
ma bada bene che i princìpi ci sono.
È solo quando
le forze scelgono di tornare a inchinarsi
se si inchinano dolcemente,
solo allora
Gaia ha parlato.
.
VENTO VOLA COSPARGI UNGUENTI