MADRE, FIGLIA E SPIRITO
2024
«Scegli tre figure femminili, tre archetipi a cui fare riferimento.
Madre, Figlia e Spirito: sono sicura che possano illuminare saggiamente ogni tua volontà»
MADRE, FIGLIA E SPIRITO
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February 2024
Teatro di Documenti, Roma (RM)
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poetic texts and direction Ortensia Sayre Macioci
with Ortensia Sayre Macioci & Giulia Quintigliani
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thanks to Viola Graziosi for the off-stage voice
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stage costumes Ortensia Sayre Macioci in collab with Maria Alessandra Giuri
camera Lorenzo Merico






















POWERED BY SAYRE
«Scegli tre figure femminili, tre archetipi a cui fare riferimento.
Madre, Figlia e Spirito, sono sicura che possano illuminare saggiamente ogni tua volontà.
Decisi di onorare fino in fondo la missione: anche le donne hanno una loro trinità, e sebbene nessuno lo sappia, è bene crearla e ricordarla. Infatti, gli atti completi ed estremi non sono mai sufficienti, la nostra umanità fa sì che non bastino mai.
Sebbene non avessi minimamente pensato di dare loro un nome, mi affidai, e quando tale affidamento divenne semplice, senza pieghe, senza troppi labirintici mentalismi con i quali ci piace tanto giocare, scoprii di avere per loro, le tre figure, non solo già un nome, ma un volto, delle gesta e un passato.
Da qui questo personale trittico di archetipi femminili:
La Madre, Maria Maddalena.
La Figlia, Antigone.
Lo Spirito, Giovanna d’Arco.
Coloro che noi chiamiamo: principi e principesse nelle fiabe, eroi ed eroine nei miti, archetipi da più grandi, in realtà sono loro a chiamare noi, a richiamarci. Affidandoci, lasciandoli agire, seguendoli, senza pretese o doveri, chissà cosa potremmo scoprire nel tempo… Ho incontrato queste donne in momenti differenti, ognuna mi ha accompagnata per un pò, hanno avuto il loro tempo e poi si sono allontanate, a volte tornate, a volte rimaste presenti, un po’ in lontananza.
Con quella risposta si sono congiunte.
Il ciclo si è chiuso - almeno per ora. Un filo unito, chiaro e lineare.
Tre donne di un Altrove alto che parlano, un pò a me, un pò con me, un pò a tutte, un pò a tutti.»
Ortensia Sayre Macioci
“Amare significa imparare a diventare un occhio in cima alla montagna e simultaneamente una mano nella valle.
[...]”
CORPUS
La Figlia, Antigone, nel testo Anti-gone, viene associata alla frequenza del numero 24, il Silenzio. Tale è lo stato di sottofondo in cui esiste tutta la consapevolezza umana; può sbocciare solamente quando il pensiero cessa del tutto.
Nella ricerca di questo silenzio ultimo, come conclusione di un ciclo di uccisioni e protocolli politici narrati da Sofocle, Antigone ha fame di vita, di sconfinare, di esperire tutto e subito - al contrario di ciò che la struttura sociale richiede, ovvero confini, definizioni e chiusure.
Il testo è diviso in tre fasi poste in parallelo a temi di fisica e di meccanica quantistica: Antimateria, Annichilazione e Metastabilità.
Nella prima parte, l’Anti-materia, ovvero il mondo in cui Antigone (materia) è costretta a vivere, le è ostile e di intralcio ai suoi principi. Lo scontro fra questo e il suo modo/moto opposto di vivere diventa inevitabile e ne determina la conseguente Annichilazione.
L’ultima parte, quella di Meta-stabilità, vede un’Antigone salda nella sua scelta, consapevole e presente al suo destino, con tranquillità d’animo manifesta tutto quello che può e che non potrà più.
Lo Spirito, Giovanna d’Arco, nel testo Santa Joan*, viene associato alla frequenza del numero 25, l’Amore Universale. Quest’ultimo viene visto come ultimo passaggio di un percorso che passa dal riconoscimento all’accettazione della grandezza dell’uomo, capace di contenere l’archetipo primario dell’Amore. È il graal finale di tutti i cercatori: la vera natura che giace dentro di noi, nascosta sotto tutte le ombre e le ferite.
Il testo è diviso in questi tre stadi: Ancestre, Anamnesi, Sacrifizio.
Nella prima parte, Ancestre, viene ricordata l’importanza del destino che ogni singolo essere ha da seguire su questa Terra, nonostante la nostra infinitesima piccolezza rispetto all’universo intero.
Nella seconda parte, Anamnesi, attraverso Giovanna d’Arco si raggiunge la massima presa di consapevolezza di tale spinta destinica che per essere abbracciata pienamente deve necessariamente comprendere il coraggio, la fede e la responsabilità per una vita piena.
Nell’ultima parte, Sacrifizio, avviene lo scontro con la morale, con la piena affermazione di vivere nel sentire e nella passione - seguendo ciò che si potrebbe definire il libero arbitrio dell’uomo: la Volontà.
*Santa Joan è vincitore del Premio Metro a MArte Live 2022
La Madre, Maria Maddalena, nel testo Myriam in Magdal, viene associata alla frequenza del numero 22, la Grazia. Quest’ultima è come un’eredità, l’anima del mondo, che smussa i lati spigolosi e chiede ad ognuno di prestare ascolto al respiro dell’universo.
Il testo è diviso in tre momenti, tre piani del mondo dove far danzare assieme l’energia maschile e femminile: Piano dell’Acqua, Fosse della Terra, Tetto dell’Etere.
Nella prima parte, Piano dell’Acqua, ciò che conta è l’inconscio e l’affidamento riposto nella nostra umanità: benedizione e condanna del nostro vivere qui.
In Fosse della Terra, Maria Maddalena lascia che sia il tempo Kairos, quello opportuno per ogni cosa, a far crescere e muovere, lasciando indietro la paura - con il nostro unico compito di seminare.
Nell’ultima parte, Tetto dell’Etere, la celebrazione è per la danza del femminile e del maschile, l’unione sconfinata del calice e della spada: senza più ferite, violenze o mostruosità.









SCRIVONO DI MFS
Marina Petrillo
tre voci, trinitaria inserzione nel dogma femminile:
La Madre, Maria di Magdala, creatura nata all'amore.
La Figlia, Antigone, pietosa creatura che sorvola la legge degli uomini.
Lo Spirito, Giovanna D'Arco, la santità spietata, potenza della visione mistica.
Il perdersi nell'imponderabile ruolo delle creazioni al femminile, sostrato culturale e divino, incarnato nei corpi limati a pura essenza. Indossano l'himation, Ortensia e Giulia, per sussurrare ai presenti verità oracolari, celesti, conoscenze di cui l'illustre Ipazia ne rappresentò l'archetipo. Un vociare volto al moto astrale, rotazione del corpo, come derviscio preso nel flusso della gestazione extraplanetaria. Il divino Verbo, la Poiesis, si incarna nella performance a richiamo di una parola deificata, alti-sonante, sillabata. Una trance spiraliforme che coinvolge le attrici in rito, come "invasate di Eleusi".
Il vaticinio è nella permanenza dell'essere, nel consapevole donarsi alle emozioni; substrato vibrante del calco femminile deposto oltre la propria ombra. Generativo, eppur conforme alla legge naturale: specchio indiviso di altre specie, seme unico generato da siderale universo.
Creatura in nuce di indicibile potenza.
Marco Fioramanti in About Art Online
Ponte sospeso / È nel mezzo il punto / dell’estremità (hai-K.O.)
Un atto poetico, esteso in versi eretici, sull’archetipo femminile, tutto giocato in chiave alchemico-oracolare.
A partire dalla data – palindroma – della “prima”, nella notte di micro luna piena (in vergine) e dalla scelta dei giorni della rappresentazione: la Figlia/Antigone associata alla frequenza del n.24 (il Silenzio), lo Spirito/Giovanna d’arco associato a quello del n.25 (l’amore universale). Chiude la terna la Madre/Maria Maddalena. Tre figure chiave scelte dall’autrice a rappresentare volti, simboli, atti estremi.
Il pubblico entra a scena aperta, le due attrici (Giulia Quintigliani e Ortensia Sayre Macioci) sono in piedi al centro, di spalle, unite per le mani, chiusi gli occhi. Una voce fuori campo (Viola Graziosi) dà inizio alla rappresentazione e ci ricorda che “spetta creare dalle proprie idee…”.
Il primo monologo è quello di Giulia/Antigone che grida la sua fame di vita, di sconfinare, di esperire tutto e subito, senza i confini… evidenziata da una, ripartizione legata alla fisica quantistica: il fastidio fisico (materiale) in cui è costretta – estende le braccia, grida, si torce – (si fa dunque Anti-materia) che la porta a implodere (Annichilazione) fino a trovare un equilibrio nella consapevolezza del suo gesto/missione/destino (Metastabilità).
Segue il momento di Giovanna d’Arco, entrambe le sacerdotesse indossano lunghi mantelli incappucciati di stoffa grigia e rivolgono al pubblico, singolarmente, parole segrete (tripartite in Ancestre, o del destino; Anamnesi, o della fede; e infine Sacrificio, o del libero arbitrio).
Chiude Ortensia/Maria Maddalena che ci emoziona con le fasi dell’Acqua, fluido benedicente dell’inconscio, della Terra, semina e raccolto e dell’Etere, risveglio dell’eterno femminino nella danza consapevole tra i due Generi, perché, racconta un hai-K.O., eterna è la “Sfida all’estremo/ ch’è ciò che non ha nome/raggiungibile”.
Stefano Di Zazzo in Note Verticali
MADRE, FIGLIA E SPIRITO: A TEATRO LA POESIA CELEBRATIVA
Emozioni nelle corde più profonde per la rappresentazione andata in scena al teatro di Documenti a Testaccio.
Gli occhi di Ortensia Sayre Macioci brillano, non riescono a trattenere l’emozione nella cornice unica del Teatro di Documenti a Roma nel quartiere Testaccio. Lo spazio non tradizionale, nato dalla visione di Luciano Damiani (1923-2007) di creare un teatro “democratico e popolare”, che annulla la divisione tra palco e platea, tra attori e spettatori, appare ideale per la natura performativa del “teatro celebrativo”, nella definizione della stessa autrice.
Classe 1997, Ortensia Sayre Macioci, attraverso quello che sembra un rito oracolare, costellato di effetti sonori e silenzi – unico elemento di scena una natura morta di emblematici melograni – trasporta lo spettatore in una dimensione atemporale, in un percorso intimo, personale ma al contempo collettivo, di riflessione e comunione.
Il pubblico è invitato a entrare a scena aperta: le due attrici, Ortensia Sayre Macioci e Giulia Quintigliani, sono al centro dello spazio, in piedi, di spalle, colori complementari, si tengono le mani, gli occhi chiusi; la voce fuori campo di Viola Graziosi dà inizio alla performance, strutturata in tre atti. Il primo è quello di Antigone, a cui dà voce e corpo Giulia Quintigliani, una giovane donna che grida al mondo la sua fame di vita e giustizia; nel secondo, dedicato a Giovanna d’Arco, le due attrici vestono lunghi mantelli incappucciati e, come sacerdotesse, corrono a sussurrare parole segrete alle orecchie del pubblico; chiude l’atto su Maria Maddalena, il più convincente, in cui il monologo di Macioci arriva a toccare corde più profonde.
“I tre testi – racconta l’autrice dopo lo spettacolo – Antigone (Anti-gone), Giovanna d’Arco (Santa Joan), Maria Maddalena (Myriam in Magdal), sono nati in tre momenti diversi della mia vita; ho incontrato queste donne in momenti differenti, ognuna mi ha accompagnata per un po’, hanno avuto il loro tempo e poi si sono allontanate, a volte tornate, a volte rimaste presenti, un po’ in lontananza. Da questi tre archetipi è nata una trinità femminile (il titolo riprende ovviamente ‘Padre, Figlio e Spirito Santo’): la Madre è Maria Maddalena, la Figlia è Antigone e lo Spirito è Giovanna d’Arco. Sono tre testi che sono messi a livello scenico in un’altra sequenza, prima Antigone, poi Giovanna d’Arco e Maria Maddalena, perché è una salita, dalla terra, dal piano orizzontale, si passa attraverso il vento, la verticalità, e lo spirito di Giovanna d’Arco, per poi arrivare ai piani superiori di Maria Maddalena. A livello scenico è, quindi, una salita. Mi piace dire che quello che porto in scena sia celebrativo, nel senso che siano degli atti che si fanno attraverso l’arte; è questo che dovrebbe fare un artista: non solamente dire al mondo cose, riportarle in luce, ma far sì che anche solo il fatto di dirle metta dei piccoli semi nelle persone e poi la terra fa il suo, come dice Maria Maddalena – ‘terra seminandoti solo tu sai cosa ti succede lì sotto’ – perché nel tempo che passa dal momento in cui il seme viene messo sotto terra, al momento in cui spunta il germoglio, nessuno sa che cosa succede. La voglia è che sia una danza del maschile con il femminile; è chiaro che c’è tanto di femminile: sono tre archetipi femminili, ma perché sono arrivati a me, ma la voglia è che sia sempre una danza tra il maschile e il femminile. In questo momento c’è molta confusione, molta difficoltà nel capire, c’è tanta rabbia e io credo che gli archetipi del maschile e del femminile siano dei principi primi che non possano essere dimenticati; la chiave è nella danza e nell’amore tra gli opposti, non nel puntare il dito, e quindi per questo celebrazione, teatro celebrativo, per questo atto.”